
“Antimicrobico o antibiotico resistenza”, un fenomeno quanto mai attuale che condiziona oggi più che mai l’efficienza delle strategie terapeutiche inerenti la lotta alle malattie infettive.
Quante volte abbiamo sentito pronunciare o letto questa parola con grande accento alla sua gravità ed ai rischi implicati per il futuro? Ma sappiamo davvero di cosa di tratti e cosa ognuno di noi può fare per limitarne la diffusione?
Cosa si intende per antimicrobico o antibiotico resistenza?
Il fenomeno viene così descritto dal Ministero della Salute: “La resistenza agli antibiotici è un meccanismo naturale di difesa dei batteri. I due principali fattori esterni favorenti lo sviluppo e la diffusione di resistenza agli antibiotici sono:
l’uso di antibiotici, che esercita una pressione ecologica sui microrganismi e contribuisce all’emergenza e alla selezione di batteri resistenti agli antibiotici nelle popolazioni
la diffusione e la trasmissione incrociata di batteri resistenti agli antibiotici tra gli esseri umani, gli animali e l’ambiente.”
Batteri, patogeni e non, si proteggono dall’azione degli antibiotici sviluppando meccanismi di difesa che rendono poco o del tutto inefficaci determinati trattamenti terapeutici.
Un concetto fondamentale in tal senso è quello della resistenza mediata da plasmidi. Praticamente i batteri comunicano tra loro e si scambiano informazioni attraverso piccole strutture definite plasmidi e tra le informazioni scambiate vi sono anche i dati fondamentali per la resistenza agli antibiotici. Un fenomeno così banalmente spiegato, ma di fatto estremamente complesso, fa si che un soggetto, animale o persona che sia, possa contrarre una infezione resistente ai trattamenti anche non essendo mai venuto a contatto diretto con l’antibiotico, perché i dati necessari alla mutazione resistente, vengono trasmessi da un batterio ad un altro e dunque da persona o animale all’ambiente e viceversa, da una persona ad un’altra, da un animale ad un altro e da una persona ad un animale e viceversa. Questo rapporto di inter-relazione ha portato alla luce il concetto di ONE HEALTH, che considera uomo, animali e ambiente come un unico organismo interdipendente, su vari fronti, incluso quello dell’antibiotico resistenza.
Quanto è grave il fenomeno di antibiotico-resistenza?
Di nuovo facciamo riferimento a quanto espresso dal Ministero della Salute:
“Il trattamento delle infezioni dovute a batteri resistenti è un serio problema di sanità pubblica: gli antibiotici comunemente usati non sono più efficaci e i medici devono scegliere altri antibiotici. Ciò può ritardare l’inizio del trattamento efficace per i pazienti e causare complicanze, incluse invalidità permanenti e decesso. Inoltre, un paziente potrebbe aver bisogno di diversi antibiotici alternativi e maggiormente costosi, che potrebbero avere effetti collaterali più gravi.”
Per fare un esempio pratico il centro europeo per la prevenzione ed il trattamento delle malattie ECDC, ha rilevato che un batterio responsabile di gravi infezioni ospedaliere ha aumentato la sua resistenza ai carbapenemi (antibiotici di ultima generazione, che spesso restano l’ultimo baluardo terapeutico in ambito umano e pediatrico) dal 1.3% del 2006 al 33.5% del 2015. Questo significa che mentre nel 2006 erano solo 1.3 persone su 100 a non poter beneficiare del sopracitato trattamento antibiotico, nel 2015 le persone a non poter usufruire del trattamento erano 33.5 su 100. Si pensi inoltre che mentre la resistenza agli antibiotici cresce rapidamente, la scoperta di nuovi antibiotici si muove lentamente, non potendo far fronte al problema.
Qual è il ruolo della medicina veterinaria e degli animali domestici nell’evoluzione del fenomeno?
Ancora una volta è il Ministero della salute a chiarire il punto:
“Il numero di animali domestici cresce costantemente, insieme alla maggiore attenzione per la loro salute e il loro benessere, e tutto questo si traduce in un numero maggiore di cure. L’eventuale utilizzo inappropriato e, in alcuni casi, indiscriminato di antibiotici e la cattiva abitudine, da parte di alcuni proprietari, di non rispettare alla lettera le prescrizioni del medico veterinario, può facilitare la diffusione della resistenza antibiotica.”
Cosa possiamo fare come cittadini per limitare il fenomeno?
“La lotta all’antibiotico-resistenza passa attraverso il riconoscimento del fatto che tutti abbiamo responsabilità e tutti possiamo contribuire alle soluzioni. Il cittadino/consumatore/proprietario di animali può fare la sua parte per conservare l’efficacia degli antibiotici. In primo luogo attraverso un utilizzo responsabile di questi farmaci, evitando iniziative autonome e ricorrendo agli antibiotici soltanto sulla base della prescrizione del medico veterinario, che dovrà essere poi seguita in maniera corretta, rispettando i tempi delle somministrazioni e la durata della terapia”. Fonte: Ministero della Salute
Cosa deve fare il medico veterinario per contenere il fenomeno, garantendo una adeguata cura dell’animale?
Il medico veterinario svolge in tal senso un ruolo chiave, essendo non solo responsabile della cura del paziente animale ma essendo altresì responsabile della sanità pubblica, concetto quest’ultimo, che si estrinseca non solo in termini meramente concettuali, ma di fatto legali. Prescrivere un antibiotico è a tutti gli effetti un atto medico che include una grande responsabilità. Lo avreste mai detto? Un antibiotico dovrebbe essere sempre prescritto a seguito di una coltura batterica o di un esame di laboratorio che testimoni una effettiva infezione batterica e che definisca la specie batterica implicata e le sue resistenze (antibiogramma). Quando questo non è possibile in situazioni d’emergenza o dove eseguire una coltura comporta un rischio per la vita del paziente, il medico veterinario dovrebbe limitarsi all’utilizzo di molecole di prima generazione, preservando l’uso delle molecole più avanzate.
Altro elemento fondamentale è quello dell’igiene delle mani e degli ambienti che dovrebbe sempre essere praticato al termine di ogni visita, così da ridurre i fenomeni di trasmissione.
Cosa succederà se non adotteremo un comportamento responsabile in merito?
“Prima della scoperta degli antibiotici, migliaia di persone sono morte a causa di infezioni batteriche, come polmonite o contratte a seguito di un intervento chirurgico. Senza antibiotici potremmo tornare all’era pre-antibiotica. Procedure mediche comuni come trapianti di organi, chemioterapia antitumorale, terapia intensiva e altre procedure mediche, incluse alcune cure odontoiatriche, non sarebbero più possibili. Le malattie batteriche si diffonderebbero e potrebbero non essere più curabili, neanche con antibiotici di ultima linea, e i pazienti morirebbero per l’infezione. Mantenere efficaci gli antibiotici e assicurarsi che funzionino ancora in futuro è una responsabilità condivisa; tutti sono responsabili: pazienti, genitori, medici, infermieri, farmacisti, tutto il personale sanitario, veterinari, allevatori, agricoltori, gente comune”. Fonte: Ministero della Salute